Pilgerfahrt: La prima intuizione

La prima intuizione è sempre quella giusta. Troppe volte lasciamo che sia il pensiero a distoglierci dalla realtà che percepiamo attorno a noi, restando succubi di decine di ragionamenti inutili, sterili e fuorvianti. E così la prima decisione, quella corretta, viene abbandonata per un diversa, se non sbagliata di sicuro meno corretta. Quello che determina questa situazione è la nostra incapacità di ritenere possibile un evento dopo una brevissima analisi. Eppure al primo sguardo, al primo istante, avevamo scelto in modo corretto.

Come scriveva, giustamente, Friedrich Nietzsche: “La «ragione» è la causa per cui falsifichiamo la testimonianza dei sensi”.

Quanto sarebbe più semplice la nostra esistenza se tornassimo ad essere più simili alla nostra forma primitiva rispetto a quella, cosiddetta, evoluta?

In nessun luogo del pianeta vedo esseri umani realmente liberi. Trovo solo diverse gradazioni di schiavitù che tengono incatenate la vera natura dell’umanità. Offuscati dalla «ragione» i piccoli ominidi cercano di raggiungere libertà velleitarie che non faranno altro che portarli sempre più a fondo, nell’oceano buio dell’inesistenza. E’ inevitabile. O almeno continuerà ad esserlo fintanto che ignoreremo le nostre primissime intuizione durante il giorno.

La miglior prova per rendersene conto è tornare laddove si è fatto un grosso errore tempo prima, sedersi lì e rivivere la primissima sensazione, quella che si è deliberatamente ignorata, dopo di che riflettere su tutti i danni causati da quel semplice errore.

(vista del Cupolone da Via Pietro Pomponazzi, 2017)

Pilgerfahrt: Il cielo di Roma a Novembre

Il 2017 è stato un anno di profondo cambiamento, talmente forte ed improvviso da portare con se gli effetti di un uragano tropicale… le nubi e la tempesta possono avere il loro fascino quanto le si guarda a distanza… ma quando ci sovrastano diventano terrificanti. E con un errore di valutazione ci si può ritrovare in men che non si dica nell’occhio del ciclone, in balia di una malvagia divinità marittima assetata di vendetta, rabbiosa e rancorosa nella sua estenuante bellezza.

Ma sono cose che non sempre si possono comprendere a priori. Anzi… quasi mai.

Dunque, ignaro, me ne camminavo per le strade di Roma, la mia patria adottiva, avvolto nei miei pensieri. Cercando di prendere una decisione che di sicuro avevo già maturato, ma che ancora non avevo esteriorizzato. Allora ancora giravo per la città, senza quel torbido malessere che qualche anno più tardi mi avrebbe allontanato da tutto. Vivevo Roma e non vedevo nulla di diverso nel mio futuro. Questo perché vedevo un futuro.

Per un qualche motivo ero arrivato sino alla Piazza di Santa Maria Maggiore, la dove si incontrano il Rione Monti ed il Rione Esquilino. Forse dovevo incontrare qualcuno o forse avevo accompagnato qualcuno in giro per la città… ora non ricordo bene.

Mi godevo, come sempre, le meravigliose luci del tramonto romano, le sfumature del cielo della capitale e quell’eterno vociare e rumoreggiare di mezzi e genti. Avevo la consapevolezza di star vivendo qualcosa di unico ed al contempo eterno. Tramonti sempre diversi eppure con tonalità similari, sempre talmente belli da meravigliare eppure ormai famigliari.

Con quelle luci qualsiasi cosa poteva assumere un connotato poetico, anche un cartello di senso vietato all’imbocco di una strada, se non erro proprio via di Santa Maria Maggiore… imboccata per raggiungere via Cavour e scendere verso il Colosseo.

La tempesta era ancora lontana… e tutto era ancora possibile.