Sehnsucht: Monte Llullaillaco

Le strade dell’Impero Inca univano un tempo Quito (capitale dell’Ecuador) a Santiago (capitale del Cile). La vastità di tale impero precolombiano ha permesso di ritrovare reperti archeologici di enorme interesse in paesaggi altamente diversificati e lontani tra loro. Tutto questo nonostante sia durato non più di 300 anni. La zona delle Ande è a forte presenza vulcanica. Nello specifico, nella grande zona desertica di Atacama (al confine tra Cile e Argentina) si trova il grande vulcano Llullaillaco. Questo strato-vulcano di 6.739 metri è uno dei più grandi vulcani addormentati del pianeta, nello specifico il terzo in classifica, e la sua ultima attività registrata è del 1877.

Vista del monte Llullaillaco

Il nome deriva da due parole in lingua quechua: “llulla” che significa “falso/ingannevole” e “llaco” che significa “acqua”. Questo nome è dovuto al fatto che la neve della sua sommità quando si scioglie non da origine a corsi d’acqua, ma viene assorbita dal terreno lungo i pendii del vulcano. Una sorta di montagna fregatura…

Oltre all’enorme interesse di tipo naturalistico il vulcano ha una storia interessante anche da punto di vista archeologico. Il 16 marzo del 1999 Johan Reinhard e il suo team archeologico scoprirono vicino alla cima del vulcano una tomba contenente le mummie di tre bambini, conosciuti in seguito come “I bambini di Llullaillaco”. Oltre alle mummie furono ritrovate statue d’oro, conchiglie, argento, tessuti e ceramiche. Le mummie erano in condizioni eccezionali una volta trovate, questo per il particolare clima della zona. Gli organi interni erano ancora intatti e uno dei cuori conteneva ancora sangue congelato. Poiché le mummie si erano congelate prima che potesse verificarsi la disidratazione, l’essiccazione e l’avvizzimento degli organi, tipici dei resti umani esposti, non hanno mai avuto luogo.

Analisi sulla mummia conosciuta come “La doncella”

I bambini furono vittime di un sacrificio rituale proprio sul vulcano. Di fatto furono drogati (dalle analisi sui tessuti con grossi quantitativi di coca e birra di mais) e lasciati a morire congelati sulla cima della montagna, per poi esservi sepolti. Il sacrificio dei bambini era una parte importante della religione Inca ed era spesso usato per commemorare eventi importanti o come offerta agli dei in tempi di carestia e come un modo per chiedere protezione.

Secondo la tradizionale credenza Inca, i bambini sacrificati non muoiono veramente, ma guardano la terra dai loro posatoi sulla cima delle montagne, accanto ai loro antenati.

Sehnsucht: Amaru

Il serpente è un animale che ritorna costantemente nelle mitologie dei popoli, sia in chiave positiva che negativa; abbiamo affrontato in precedenza il tema dei Nāga.

Nel continente sudamericano, in modo particolare nelle mitologie dell’Impero Tiahuanaco (200 – 600 d.C.) e dell’Impero Inca (1250 – 1548 d.C.) è presente una forma divinizzata di serpente (o forse sarebbe meglio dire drago) conosciuto in lingua quechua col nome di Amaru. Veniva rappresentato come un serpente alato, con occhi cristallini, muso rossastro, testa di lama (a volte di un puma) e coda di pesce. Secondo le credenze viveva sottoterra o sul fondo dei laghi e dei fiumi. L’Amaru era in grado di oltrepassare i confini da e verso il regno spirituale del mondo sotterraneo… questo passando attraverso tre mondi: da Hanan Pacha (mondo celeste), passa attraverso Kay Pacha (mondo attuale) a Ukhu Pacha (mondo interno o Madre Terra).

Era un simbolo di profonda saggezza, ma rappresentava anche il divenire delle cose (profondo era il suo legame col fuoco e con l’acqua).

Ancora oggi il culto di Amaru è uno dei più antichi di tutto il continente.

Nella città di Tiahuanaco (Bolivia) si trova la Porta del Sole dove si può ammirare una rappresentazione del Amaru.

Porta del Sole

Sehnsucht: Il Calendario Maya

Agli occhi degli estranei il mondo esoterico può apparire attiguo al mondo di tanti ciarlatani che infestano la rete internet, se non addirittura gli scaffali delle librerie con pubblicazioni da operetta, atte giusto per irretire le menti più esposte e fragili. Eppure in mezzo vi è un intero universo di diversità e un grado molto più elaborato di conoscenza. Il polpettone uni comprensivo, generato dal movimento New Age, è ancora lontano dallo smettete di produrre danni ed idiozie. Dalla sua ha la capacità di essere suggestivo, ma alla prova dei fatti ha quasi meno valore delle visioni proposte da Scientology. Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti… un pò come la storia della fine del mondo, che sarebbe dovuta arrivare il 21 Dicembre 2012, predetta dal calendario Maya… una congettura elaborata dal fu José Argüelles, alla quale i media diedero fin troppo rilievo. Il Calendario Maya… pensate di aver visto sistemi complessi nella vostra vita? Bene, perché quello di questo calendario particolare potrebbe batterli tutti! Dimenticate per un attimo il nostro modo di contare gli anni, i mesi, i giorni… dimenticatelo completamente.

Facciamo un esempio semplice, Sir Winston Churchill era nato il 30 Novembre 1874, nel nostro modo di calcolare il tempo, ma per i Maya la sua data di nascita era: 6 Men 8 Sak 12.12.19.16.15. Si avete letto bene! E il famoso 21 Dicembre 2012 altro non era che il 4 Ahaw 3 Kankin 13.0.0.0.0 (e queste ultime 5 cifre sono quelle di cui poi scopriremo l’importanza).

Il concetto, nella sua complessità, è semplice, il sistema del Maya (usato anche dagli Aztechi e dai Toltechi) si basava su 3 cicli distinti: il ciclo Tzolkin, il ciclo Haab ed il Lungo Computo.

Tzolkin – Era il ciclo del calendario religioso e si basava su due cicli minori, uno di 13 giorni computato numericamente (1 – 13) ed uno di 20 giorni computato con un nome (Ahaw, Imix, Ik, Akbal, Kan, Chicchan, Cimi, Manik, Lamat, Muluc, Oc, Chuen, Eb, Ben, Ix, Men, Cib, Caban, Etznab, Caunac). Ogni giorno entrambi i cicli avanzavano: 1 Ahaw, 2 Imix, 3 Ik, ecc… il giro si completava in ben 260 giorni.

Haab – Era il ciclo del calendario civile, più simile al nostro e legato alle stagioni. C’erano ben 18 mesi (Pop, Uo, Zip, Zotz, Tzec, Xul, Yaxkin, Mol, Chen, Yax, Sak, Ceh, Mac, Kankin, Muan, Pax, Kayab, Cumku) da 20 giorni l’uno… per un totale d 360 giorni. A questi ne venivano aggiunti 5, detti Uayeb, definiti i cinque giorni fuori dal tempo, considerati particolarmente infausti. I giorni del mese non erano numerati da 1 a 20, bensì da 0 a 19, questo perchè i Maya conoscevano l’uso dello zero.

Incrociando i due cicli tra loro si ritornava ad una perfetta corrispondenza dei giorni ogni 52 cicli Haab e 73 Tzolkin, ossia ogni 52 anni (18.980 giorni).

I Maya non usavano numerare gli anni semplicemente in base al passaggio dei due cicli sopra descritti, sarebbe stato troppo semplice in fondo… usavano il Lungo Computo, ossia una numerazione progressiva dei giorni in un sistema di numerazione posizionale, misto e su basi diverse (13, 18 e 20). Il numero era composto da 5 cifre (il conteggio partiva sempre dallo 0): la prima in base 20, la seconda in base 18, la terza e la quarta in base 20, la quinta in base 13… scritte da sinistra a destra. Un’altra particolarità era che nella quinta cifra la funzione dello 0 era svolta dal numero 13, risultando quindi che il primo giorno del lungo computo fosse il 13.0.0.0.0.

Alla fine del Lungo Computo finiva un’era e ne iniziava una nuova (ciò avveniva dunque ogni 5.125 e passa anni del nostro calendario), fatto che si sarebbe dovuto celebrare in maniera significativa e che verosimilmente si sarebbe prodotto in un cambiamento positivo… altro che fine del mondo!

L’aspetto interessante, che è giunto sino noi, è un altro: i Maya vivevano nella quarta era del Lungo Computo, non nella prima!

Secondo i calcoli, fatti con vari sistemi di conversione delle date, pare dunque che la quarta era abbia avuto inizio nel 3.114 a.C. … di rimando la terza era sarebbe iniziata nel 8.239 a.C. … la seconda era nel 13.364 a.C. e la prima era nel 18.486 a.C. .

Questo si sarebbe un aspetto su cui riflettere…

Sehnsucht: Le radici della Fede

In un viaggio introspettivo nei misteriosi sentieri della spiritualità si devono adottare gli stessi metodi che si utilizzano per un qualsiasi viaggio nel mondo fisico: si deve avere un punto di partenza, un punto di arrivo più o meno certo e l’idea del percorso adatto a raggiungerlo. Ovviamente, come in qualsiasi viaggio, possono intervenire delle variabili inaspettate che ci fanno deviare, portandoci infine a raggiungere mete diverse da quelle prefissate… ma non questo l’argomento del giorno. Cominciamo piuttosto con un punto di partenza, partiamo parlando del Axis Mundi, ossia l’asse del mondo.

Che cos’è? Si tratta del centro dell’universo, il punto di collegamento tra i piani fondamentali della nostra esistenza: il Cielo, la Terra e gli Inferi. Ogni cultura, ogni società, ogni religione della storia ha il proprio Axis Mundi ben definito. Il centro dell’universo può essere ritrovato in un monte, in un albero, in un palazzo o in una città, questo a seconda della cultura… ma può anche essere un luogo non strettamente fisico. Paradossalmente anche l’ateissima società moderna ha un suo Axis Mundi, codificato nei rigidi dogmi della propria nevrosi iconoclasta. E’ interessante vedere come ogni società umana abbia sviluppato lo stesso identico sistema, rispondendo ad una evidente connessione universale delle menti. O più semplicemente veniamo tutti dallo stesso posto, dallo stesso nucleo, dallo stesso piccolo punto nello spazio infinito.

Siamo infinita ripetizione di noi stessi.

Ricercando le radice della nostra spiritualità, uscendo dal recinto in cui siamo stati rinchiusi negli ultimi 2.000 anni, non possiamo che rilevare l’importanza degli Alberi Sacri, gli Alberi della Vita delle credenze dei popoli nordici, dei popoli altaici, di quelli germanici e di quelli centro-asiatici.

Potremmo fare alcuni esempi pratici che in molti avranno sentito nominare: il sacro Yggdrasil degli Scandinavi del tutto similare al Irminsul dei Sassoni (si veda l’immagine a sinistra). Ma non solo! I Tartari Abakan, ad esempio, narrano di una betulla che cresce su una montagna di ferro. Andando più a oriente i Cinesi parlano dell’albero cosmico, che si troverebbe presso della “Capitale perfetta” al centro del mondo: da lì esso collegherebbe le None Sorgenti ai Noni Cieli.

Con tutta probabilità l’origine di queste figure è da ricercarsi in Mesopotamia. E dove se no? Infatti l’albero sacro è presente nella tradizione assira come rappresentazione del sovrano assiro in qualità “Axis Mundi”, ovvero di unione tra cielo e terra in quanto rappresentante del cielo sulla terra.

Attraversando l’Oceano Atlantico, oppure l’Oceano Pacifico a secondo del nostro punto di partenza, troviamo i medesimi concetti espressi sia dai Maya che da alcune tribù nordamericane. I Maya in particolare ci parlano del “primo albero” la cui collocazione indicherebbe il centro di tutte le direzioni e di tutti i colori dell’universo; il “primo albero” era Yaxche. Alcune tribù dell’America settentrionale consideravano come centro dell’universo il palo posto al centro del loro villaggio, intorno al quale si svolgevano tutte le attività principali… in questo caso il palo era visto come il sostegno del cielo, punto di contatto diretto con la divinità celeste.

In tutte queste visioni è centrale l’idea che la comunicazione con la parte più spirituale dell’universo possa avvenire solo attorno all’albero sacro, al palo rituale, al palazzo o alla montagna sacra. Da qui l’importanza del Axis Mundi. E’ in questo luogo che gli esseri umani (ma non solo loro) possono passare da un piano all’altro entrando in comunicazione con elementi che altrimenti rimarrebbero irraggiungibili.

L’immagine qui a sinistra invece mostra l’Albero della vita nella Qabbaláh ebraica, a sottolineare come questo tipo di struttura sia importante anche in uno dei principali monoteismi della nostra era.

Guai a chi distrugge un Axis Mundi di un altra cultura o religione poiché considerata inferiore, errata o demoniaca. Nei secoli si sono persi sin troppi punti di comunicazione universale per colpa della furia demente di chi pensava di possedere l’unica verità. Vedi quando successo al Irminsul! Il compito di ogni persona spiritualmente attiva, profondamente viva, dovrebbe essere quello di conservare e proteggere ad ogni costo il proprio Axis Mundi, mantenendo sempre il massimo rispetto per quello degli altri. La Fede, quella vera, non si impone. Si vive.

Sehnsucht: Nāga

Il mondo antico e della mitologia è popolato da creature misteriose e da interi popoli le cui caratteristiche psico-fisiche non sono assimilabili a quelle dell’umanità moderna. Intere leggende narrano di esseri dal corpo per metà umano e per metà di animale, di esseri in grado di mutare forma a piacimento, di razze antiche scomparse dopo intensi e drammatici eventi. Alcune di queste razze ritornano ciclicamente nei racconti umani, rinnovando la leggenda ed aggiornandola ai tempi nostri. Talvolta il mito non muore e perpetua i suoi frutti nei sotterranei del complottismo più ridicolo e talvolta negli alti piani dell’occultismo. Tra le creature più ricorrenti nella storia dell’uomo troviamo gli Uomini Serpente, una razza con caratteristiche semidivine che compare più volte nelle mitologie di popoli della terra distanti tra loro. Senza stare ad analizzare l’attuale dissertazione su Nuovi Ordini Mondiali, Uomini Rettile che governano il mondo e similari… volevo soffermarmi semplicemente sulla rappresentazione asiatica di questo antica e potente razza: i nāga.

I nāga sono creature che vivono in un misterioso, quanto ricco, regno sotterraneo. Hanno la capacità di assumere sia la piena forma umana che la piena forma serpentina e sono associati in genere all’acqua e a tutti gli eventi (positivi e negativi) ad essa correlati. Per accedere alle misteriose città dei nāga si dovrebbe cercare sul fondo dei laghi o dei fiumi più profondi. Sono esseri positivi tranne per coloro che danneggiano deliberatamente l’ambiente. In tutto il mondo asiatico compaiono quindi in associazione al concetto di fertilità, al ciclo di piogge che favorisce abbondanti raccolte, ma anche alle tremende alluvioni di alcuni grandi fiumi.

Creature mitiche in una rappresentazione Birmana, il primo a sinistra è un Nāga

I nāga talvolta si mischiano agli esseri umani e si riproducono con loro, si narra ad esempio che una principessa dei nāga si sposò con il primo re dell’antica Cambogia, dalla loro unione sarebbe nato il popolo cambogiano. Secondo questa leggenda questo popolo di serpenti abitava una vasta area dell’Oceano pacifico. Se analizziamo leggende similari dell’area asiatico-pacifica si giunge ad associare gli uomini serpente al mitico continente di Mu, un continente perduto nel più classico stile atlantideo. Ma di questo parleremo poi un’altra volta. In ogni caso su molti templi della regione sono rappresentati i nāga, vedasi le interessanti statue del tempio di Angkor Wat che rappresentano nāga a 7 teste (1 per ogni razza della loro società).

Nāga Kanya

Un’altra leggenda, comune ai nāga e al continente perduto di Mu riguarda il segreto dell’elisir di lunga vita. La leggenda narra che questi mitici esseri rubarono una coppa di pura vita agli dei, mentre questi erano intenti a distribuirla alle creature del mondo. Le divinità recuperarono la coppa, ma una parte del suo contenuto cadde a terra. I nāga si misero a leccare il terreno per bere la pura vita e così facendo si tagliarono la lingua, che rimase per sempre biforcuta.

La visione tutto sommato pacifica, positiva e naturalistica, dei nāga contrasta enormemente con l’immagine quasi terrorizzante dei malvagi uomini serpente che vorrebbero controllare il mondo.