Sturm und Drang: Necrologi

Hubert: Hai ancora qualche collega dei vecchi tempi?


Momò: A parte quelli morti, gli altri sono tutti vivi.

Sturm und Drang: Veleno

Sei stato avvelenato…

La pelle ti si spacca e il sangue esce e macchia la terra bianca…

Sangue dalla bocca…

Sangue dagli occhi…

Ma sei tranquillo…

Sai che stai per morire…

Ma lei ti accarezza amorevolmente i capelli…

Non ti svegliare viaggiatore…

Sogna…

Muori…

E sorgi a nuova vita…

Sangue chiama sangue…

Per il sangue e con il sangue…

In eterno…

Sturm und Drang: Le ore dei morti

Tic tic tic… tic

Tic… sono le 3 e stai dormendo, sono le tre e stai… tic… tic… sto dormendo? Sto sognando?

Tic… sono sveglio e guardo il soffitto… tic… tic… è l’insonnia!

Tic tic… sono le 4 e ancora respiri, in silenzio, con vergogna e parsimonia… tic… respiri.

Tic tic tic… hai sognato? Hai accarezzato un sogno? Tic… 4 e 30 minuti, nell’oblio del tic…

Tic tic… perché questo orologio non fa tac e toc? Domande… tic…

Sono le 5, tic… non dormirai mai più… tic tic tic… a che serve dormire quando non si è vivi?

Tic… tic… tic… luce dalle finestre. L’alba non ti porterà risposte. Tic…

Dicevi che ti saresti riposato da morto, ora sai che non è così.

Sturm und Drang: Questione di rispetto

Mi chiamo Charly Matteï e sto per ucciderti, a viso scoperto. È una questione di rispetto. Devi sapere chi ti uccide e devi sapere perché muori. Lo sai perché muori Bastian?

Non si fanno i conti con il passamontagna, è come spedire lettere senza mittente. È un assassinio, capisci la differenza?

Sturm und Drang: Il passaggio da sud-ovest

Cimitero della Certosa (Bologna, agosto 2022)

Sognare i morti è come tornare indietro nel tempo, questo quando li si sogna al passato. Ma quando i morti si inseriscono nel presente, allora il sogno svanisce e la realtà si mischia irreparabilmente a ciò che avrebbe potuto essere, ma non è stato.

Ci sono cimiteri per i morti e ci sono cimiteri per le cose che non abbiamo mai detto o fatto.

Nei primi cimiteri andremo alla fine dei nostri giorni, nei secondi ci finiamo ogni maledetta notte…

I più fortunati rimangono gli idioti che vivono senza rendersi mai conto di nulla, la cui morte sarà solo una parentesi nel vuoto cosmico delle loro esistenze.

“È meglio essere infelici, ma sapere, piuttosto che vivere felici… in una sciocca incoscienza.” (Fëdor Dostoevskij)

Sturm und Drang: Il sangue degli Altri

Se chiudo gli occhi tutto ricomincia sempre dallo stesso punto, allo stesso modo, trascinandomi nell’ennesima avventura sanguinaria così simile a quelle reali. Nel sogno il sangue ha lo stesso sapore del mondo reale. Lo stesso odore. Macchia le mani ed i vestiti… ma nel sogno è sempre così difficile lavarlo via. Non se ne vuole mai andare, come a voler macchiare a fondo anche l’anima.

Alle cose difficili si alternano quelle facili. Ad esempio… loro, gli Altri, li trovi sempre al solito posto, nello stesso antro umido e tenebroso, ormai così famigliare. In un sogno normale potrebbe essere un luogo di immense avventure misteriose, di sotterfugi, di scoperte e, chissà, di tesori perduti. Gli Altri sono diversi rispetto al mondo reale, sembrano sempre usciti da qualche polveroso libro di fantasia, evocano passi letterari salgariani… ed è così che si alternano, come se fossero a tratti minacciose guardie ottomane o cadaveri tornati in vita.

Sembra un luogo dell’anima, ma di un’anima distrutta… divorata dall’interno. Martoriata dalla costanza della propria determinazione e delle infinite albe del mondo. Un inferno che non si è mai mascherato da paradiso. Un luogo talmente onirico da superare spesso la realtà. E il sogno della realtà sognata è più vivida della realtà sognata nel mondo reale.

Non si dorme che in maniera apparente quando si ha la consapevolezza di essere dentro ad un sogno. Si sogna… è vero… ma una parte del cervello è completamente accesa. E’ un sonno che non porta riposo, ma che fa desiderare di non svegliarsi.

Gedichte: Chanson d’automne

Les sanglots longs
Des violons
De l’automne
Blessent mon coeur
D’une langueur
Monotone.

Tout suffocant
Et blême, quand
Sonne l’heure,
Je me souviens
Des jours anciens
Et je pleure;

Et je m’en vais
Au vent mauvais
Qui m’emporte
Deçà, delà,
Pareil à la
Feuille morte.

(Paul Verlaine)